
Il 25 aprile si celebra la liberazione dell’Italia dal nazifascismo ma per i veneziani è anche la festa di San Marco, patrono della città.
Il culto del Santo a Venezia ha origine già prima del 828. In quell’anno due mercanti, Buono da Malamocco e Rustico da Torcello, trafugarono le spoglie dell’Evangelista dal sepolcro di Alessandria d’Egitto. Riuscirono a portarle in laguna dopo averle nascoste in una cesta di ortaggi e di carne di maiale. Pochi anni dopo cominciarono i lavori per la costruzione della Basilica che venne consacrata (dopo varie vicissitudini) il 25 aprile 1094.
La tradizione gastronomica
Il giorno di San Marco era una delle feste più importanti della Repubblica. Il Doge organizzava un grande banchetto a Palazzo Ducale a cui partecipavano i ministri della Repubblica. “Risi e bisi” era il piatto principale e divenne la preparazione tradizionale di questa giornata. In terraferma il popolo, che non poteva permettersi “el magnar da Doxe” (il cibo del Doge), festeggiava pranzando all’aperto con quello che offriva la dispensa. Elemento imprescindibile era l’utilizzo delle uova che possiedono una beneaugurante valenza simbolica di rinascita: da qui la tradizione di preparare la “fortaja” (frittata).

Il “bocolo”
C’è un’altra usanza molto antica ed è quella di donare il “bocolo” (bocciolo di rosa) alla propria amata. Lo conoscevate? Vi raccontiamo da dove deriva questa romantica consuetudine.
Siamo nel IX secolo e la passionale Maria (soprannominata Vulcana), figlia del Doge Orso I Partecipazio, si innamorò del trovatore Tancredi. Un amore impossibile date le umili origini del giovane. Maria chiese a Tancredi di unirsi all’esercito di Carlo Magno e andare a combattere in Spagna contro i Mori. Avrebbe così dimostrato il suo valore guadagnandosi la stima del Doge che non avrebbe più avuto motivo di opporsi al loro amore. Il giovane partì, si ricoprì di gloria in battaglia e le notizie delle sue valorose gesta giunsero ben presto a Venezia. Maria aspettava con impazienza il ritorno del suo amato. Un giorno arrivarono in città alcuni cavalieri guidati da Orlando il quale comunicò alla fanciulla la morte del prode trovatore: era caduto sanguinante sopra un cespuglio di rose bianche e prima di morire aveva colto una rosa e pregato Orlando di portarla alla sua amata. La giovane, impietrita dal dolore, prese la rosa macchiata del sangue del suo Tancredi e si ritirò nella sua camera. Il giorno dopo, festa di San Marco, la trovarono morta con la rosa rossa sul cuore.

C’è un’altra leggenda legata a questa tradizione e narra la storia di Basilio, marinaio della Giudecca. Come premio per aver contribuito a recuperare le spoglie del San Marco, gli fu donato un roseto che che cresceva accanto alla tomba dell’Evangelista. Quando Basilio morì, la sua proprietà venne divisa tra i due figli e la pianta ne definiva il confine. Il roseto smise di fiorire quando una faida tra i due rami della famiglia portò ad un omicidio. Fu l’amore tra due giovani appartenenti alle famiglie rivali a far sbocciare nuove e bellissime rose. Fu con una di queste rose rosse che il ragazzo si dichiarò alla sua amata.
La nostra tavola
Siccome siamo dei romanticoni e amiamo le tradizioni legate al 25 aprile, abbiamo allestito la nostra tavola con delle rose rosse e preparato la più classica delle frittate con cipolla e prezzemolo. Potete utilizzare quello preferite come per esempio i bruscandoli che in questo periodo crescono spontaneamente in mezzo alle siepi e lungo i corsi d’acqua.
L’importante è abbinare il vino giusto! La presenza aromatica della cipolla e il caratteristico sapore del prezzemolo ci ha suggerito l’abbinamento con il Due Albe Veneto IGT Biologico. Questo elegante blend di Sauvignon e Chardonnay è caratterizzato da delicate note vegetali che si accompagnano al gusto della cipolla e del prezzemolo. Il sorso fresco e sapido aiuta a pulire il palato. Se preferite una bollicina vi suggeriamo il Grapriol Colfondo Veneto IGT Biologico che, con la sua vivace semplicità, renderà il vostro pic nic ancora più piacevole.